SPAZIODEDICATO a:

 

Sabrina Servucci

 

 Nel 1981/82 fui incaricato di curare la pubblicazione di un’antologia di poeti emergenti, la collana si chiamava I FIORI DELL’ARTE e dopo una necessaria  selezione vennero fuori alcuni nominativi che si distinguevano per qualità compositiva,  tra questi una ragazza, all’epoca poco più che sedicenne:  Sabrina Servucci, a cui dedicai una brevissima presentazione critica.

Questa poetessa in erba aveva già un’innata capacità compositiva, una sagace ironia, una profondità di percezioni.  Non mi ero sbagliato nel selezionarla, infatti nel tempo ella ha maturato la propria capacità creativa e non solo non ha abbandonato la scrittura ma l’ha perfezionata dando alle stampe negl’anni che seguirono altre opere estremamente singolari, libri dal titolo: Procedere con Karma / Filastrocche e Fiabe di una bambina grande / RidiAmo / Punto di contatto / E Ancora RidiAmo / Le mie parole per dirlo, dove ironia, sarcasmo, introspezione, colgono il lettore di sorpresa immergendolo in piacevolissimi input poetico/letterari,  elaborazioni  di pensieri, aforismi, momenti di vita vissuta ed attimi immaginifici.

Sabrina nasce a Roma, ma si trasferisce in Brianza dove ha modo di approfondire ed affinare le sue qualità intellettuali; la sua naturale tendenza alla riflessione la porterà negli anni a sviluppare interessi  verso il pensiero  taoista e le discipline orientali in genere,  fino ad acquisire padronanza della  tecnica Shiatsu grazie anche al naturale fluido d’energia emesso dalle sue mani. Tale cammino esperienziale non solo non l’allontana dalla poesia, ma semmai gli dona ancor più facoltà creativa, che unita al suo indubbio sarcasmo (tipicamente romano) ne determina un composto creativo singolare e stimolante.

36 anni dopo, incontro di nuovo a Roma (in uno dei suoi rari viaggi nelle capitale) Sabrina; stesso sguardo attento e penetrante, lunghi capelli castano biondo e due inusuali sottili meches rosse,  quasi a dire “posso sorprendere in qualsiasi momento, essere negli schemi ma contemporaneamente fuori dagli schemi”. So che lei non è la solita persona che dice “scrivo da sempre”, lei lo ha veramente fatto!  L’ho conosciuta da  ragazza e la ritrovo oggi persona matura ma ancora con lo stesso entusiasmo creativo adolescenziale di quando la conobbi la prima volta.  Se capita, con piacere si occupa anche di revisione testi per altri autori in qualità di “curatrice”-editor. Parliamo di varie cose, mi confessa che ha idea di scrivere un romanzo  sulla vita (ma in termini molto particolari), ha già in mente tre titoli, ma non ha ancora deciso quali dei tre daranno indicazione alla sua prossima opera, ed io per discrezione non li cito, in attesa della sua decisione finale. L’idea che mi espone è buona, anzi buonissima, lei dice che: anche nelle vite più semplici vi sono aspetti estremamente interessanti, singolari,  ed è di queste comuni e quotidiane particolarità che vuole parlare nella sua nuova fatica letteraria. Sarà probabilmente  il tema del nostro prossimo incontro.

Un figlio a Londra, una casa in Brianza, i suoi legami e le amicizie di Roma, i suoi ricordi di Castel di Tora (lago del Turano in Sabina) dove ha vissuto  una parte della sua infanzia, il mondo universale della percezione attraverso la tecnica Shiatsu di cui è divenuta indiscutibile maestra e addirittura pioniera utilizzandola con persone uscite dal coma, i suoi incredibili occhi del colore del lago. Lei parla dei suoi progetti futuri ed io gli spiego i miei attuali interessi: i nuovi E-book  e gli Audiolibri a cui sto dedicando particolare attenzione.  L’idea entusiasma entrambi  e forse presto questo trait d’union intellettuale, che oggi vanta 36 anni di reciproca stima, porterà alla nascita di nuovi ed interessanti capitoli creativi.

Mentre parliamo con totale naturalezza e spontaneità ci accorgiamo che un  vigile sta incollando una multa sulla mia auto parcheggiata impropriamente sulle strisce;  cerco di spiegare che ho  incontrato quest’ amica dopo 36 anni a Roma e, miracolosamente, il buon vigile, comprende e mi toglie la multa; è però ora di andare , ci salutiamo e come due giovani studenti che hanno marinato la scuola decidiamo di farci prima un selfie…  una foto per gli amici di FB. Ci rivedremo al suo prossimo viaggio a Roma in attesa  del suo romanzo dai tre titoli ancora non ancora definiti

Ma ha in serbo una piccola sorpresa, dal suo cappello a cilindro tira fuori un podcasting, quasi un audiolibro, una dissertazione vocale, un gioco dedicato a George Clooney e ad un’improbabile visita nella sua villa sul lago di Como, uno scherzo che è un piccolo grande gioiello creativo, ascoltatelo

Giacomo Piccoli

QUASI UN AUDIOLIBRO -Radio Spreaker OndaMagnetica

Delrey è specializzata nelle produzioni discografiche. La presenza di Maximilian Rio, noto produttore discografico e autore, vincitore di Amici 2014 e di due dischi Platino e tre dischi d'Oro, da oltre 20 anni, lavora nel mercato musicale, Il suo obiettivo è quello di fare "Sognare" attraverso un lavoro professionale qualificato. Un vero e proprio talent scout, oltre che autore e produttore. Federica Abate, prima fra tutte le sue intuizioni, è oggi un'autrice di consolidato successo. La finalità di scoprire talenti è fare un lavoro di formazione che rendano l'artista totalmente competitivo nel music business. - Se chiedessimo oggi ad artisti ed aspiranti artisti, se vale la pena fare arte, probabilmente ci troveremmo davanti a due risposte diametralmente opposte. Quelli che sentono il peso di anni di fatica senza risultati diranno "NO"; i propositivi, diranno senza dubbio "assolutamente SI". A mio parere, la verità sta nel mezzo, è come il mare: non sarà mai troppo fermo o troppo mosso, ma sarà sempre un mare che ti farà emozionare. La vita degli artisti è così e sarebbe folle immaginarla diversamente. Fare arte va ben oltre qualunque criterio di logica.

 

Yuli del Rey

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SCOMODI SCRIGNI

DI MUSE RIBELLI

 

Un ottima sincronia di intenti artistici e culturali distingue il duo Toutes les Nuances,  formato da Alessandra Càpici, soprano e Cristina Ratti, pianoforte, che hanno dato vita ad un concerto dal titolo  suggestivo ed emblematico  Scomodi  scrigni di Muse ribelli. Buona  l’atmosfera  che sono riuscite a creare all’interno della Camera Musicale Romana con un ottima e culturalmente valida scelta dei brani musicali, creazioni di cinque donne compositrici poste per  anni in secondo piano: Clara J. Schumann, Fanny C.Hensel, Pauline G. Viardot, Marguerite  Labori, Alma  Mahler

Un implicito rifiuto relegare la donna quale semplice musa ispiratrice spingendosi verso una  ridefinizione dai toni auto-affermativi  di “donna creatrice dell’arte”, in un contesto generale che ha proposto una sorta di cantico in  sostegno della valenza femminile,  “Muse ribelli” perché non solo ispiratrici, ma esse stesse autrici. Ma l’aggettivo greco mousikos, nella mitologia indica “Muse”  come  qualcosa di "perfetto”  in grado cioè di generare le arti.

 

Veramente  eccellente la qualità vocale del soprano  Alessandra Càpici  accompagnata al piano dalla brava  Cristina Ratti,  in un interessante excursus  tra musica, storia e rivendicazioni.

Francesco Pacelli

 

LABORATORIO DI TEATRO-DANZA

 

L' AUTORALITA' DEL CORPO

 

La classe è un momento d’ incontro, conoscenza, studio e creazione. Sarà  proposta divisa in due parti: la prima più tecnica, di riscaldamento, mentre la seconda sarà un momento di laboratorio coreografico. Le tecniche di movimento di riferimento saranno molteplici, in quanto il tipo di lavoro proposto assembla principi fisici  diversi.  S’inizierà con un riscaldamento concentrato su di una serie  di esercizi guidati usando tutto lo spazio pensati proprio per  promuovere, aumentare e migliorare la circolazione dell'  Energia in tutto il corpo ed iniziare ad “annusare” la  relazione con l’altro.  La parte laboratoriale che seguirà cercherà di sviluppare e  sperimentare queste sensazioni fisiche in modo creativo,  così ché ogni corpo possa “indossare” il lavoro tecnico in  relazione a una composizione. Lavoreremo su un vero e

 

proprio percorso “a tappe” e dai conseguenti frammenti coreografici , sulla possibilità di romperli, mescolarli e  comporli in forme differenti. Scopo del lavoro compositivo è  quello di mettere il movimento in relazione a temi, immagini,  emozioni e suggestioni che possano emergere dal corpo e  congiungere la dimensione comunicativa e quella estetica,  direzione  fondante della mia ricerca personale. Anche se  guidati, gli allievi hanno modo di investigare , conoscere ,  esplorare il movimento e il corpo, fino a diventare "autori"  del proprio muoversi. Un concetto che mi sta a cuore e che  e' la base del mio modo di lavorare: l'autoralità.  L'intelligenza del corpo. Anche a me, come alla dea del Tanz Theater tedesco Pina Bausch, non interessa come si  muove un danzatore, ma COSA lo muove. Esercizi di  riscaldamento, esercizi di improvvisazioni mirate, esplorazione delle stanze emotive nel corpo fermo e nel  corpo in movimento. Il tatto sensoriale con il compagno di  scena. Con l'altro corpo danzante. Con l'altro autore. La  vita insieme. La scena insieme. Sono concetti molto  interessanti e molto piacevoli da esplorare per chi vuole  scoprire nuove dimensioni coreografiche e aprire un  dialogo poetico tra la mente e il corpo.

 Metodologia di lavoro  A ogni partecipante sarà richiesta una posizione autorale, e gli  sarà chiesto di elaborare dei materiali sia da un punto di vista

 individuale che collettivo.  Dagli esercizi che si affronteranno lungo il percorso, ognuno avra'  modo di lavorare sulla propria concezione di corpo e di  movimento utilizzando il proprio bagaglio personale, la propria  fisicita' e il proprio linguaggio, ma si verrà a creare anche una  sorta di “identità collettiva” composta dalle singole visioni e dalle  differenze interne nate nel condividere le stesse tappe.Il binomio individuo/collettività permette di sviluppare  parallelamente il tema dell'identità sia da una prospettiva soggettiva, legata alla propria memoria storica e fisica, sia come gruppo che si nutre del percorso e non del risultato, debellando le “ansie performative” per concentrarsi sulle potenzialità reali del lavoro. Corpo, drammaturgia e musica saranno usati non per cercare un'omogeneità o un' armonia, ma per mettere a fuoco dei “pezzi” che possano essere usati come frasi per costruire discorsi o immagini, seguendo una logica di montaggio che veda molteplici

 

risultati possibili aperti a visioni e formalizzazioni differenti. Saranno messi a disposizione materiali fisici, testuali e sonori che accompagneranno il laboratorio sia come fonti dirette (esercizi, coreografie , testi, musiche) sia indirette, a scopo consultativo. E' possibile che ai partecipanti sia richiesto, previo avviso, di portare a loro volta materiali specifici prima dell'inizio del

 

laboratorio o che siano raccolti strada facendo. Partecipanti Il laboratorio è aperto a un massimo di 20 persone di età e professione differente previo invio di curriculum, in aggiunta al quale sarebbe gradita una piccola nota sull'interesse della partecipazione.

Messa in scena al teatro L’AURA  dalla compagnia “Attrezzi di scena” la commedia ER SARVATORE scritta da  Maurizio Marcelli   per la regia di Maurizio Navarra un lavoro tutto sommato fluido. Buona la struttura generale della storia, che si articola intorno al personaggio principale Callisto, nei panni di un santone truffaldino con la singolare capacità di “resuscitare i morti”  che nella realtà dei fatti non resusciteranno mai, ma inevitabilmente e con estrema abilità il santone riesce a spillare molti soldi, con l’aiuto della scaltra domestica e di un notaio  compiacente hai vari personaggi.

  Buona la struttura generale del testo che appare abbastanza convincente e ben congegnato.  Poteva essere evitata (da parte della regia)   qualche eccesso di caratterizzazione  per  alcuni personaggi che appaiano fin troppo  caricaturali, si nota ad esempio un eccessivo uso del vernacolo  mirato a “colorare troppo” le figure di alcuni personaggi.

 

  Considerando però che la  commedia  è alla sua prima messa in scena,  suppongo che certe piccole discrepanze  verranno superate limando alcune asperità recitative al fine di   rendere  l’insieme ancor più piacevole e divertente.   Spiccano tra tutti, il taumaturgo Callisto  la fedele cameriera ed il distinto notaio; i personaggi di contorno sono stati interpretati in modo discretamente accettabile.

Una promettente commedia scritta per una promettente compagnia.

 Giacomo Piccoli

 Il cast:  Carmelo Bevacqua, Bruna Gasperini, Alessandro Palmieri, Maurizio Marcelli, Maurizio Navarra, Lucia D’Angelo, Serena Navarra, Fiorella Ferrante, Pino Cerioni, Roberta Carducci

ORA,  un buon testo fa bene agli attori…

 

Il primo plauso,  nel senso di “bravo!” va senza alcun dubbio a LUCA GIACOMOZZI, autore e regista dello spettacolo ORA andato in scena al Teatro L’Aura di Roma. Un complimento meritatissimo per un testo scritto veramente molto bene, di grande introspezione psicologica, non privo di contenuti sociali e di piacevole umor espresso con sagace ironia.

Un secondo bravo alle attrici ALESSADRA COSIMATO e FRANCESCA PAUSILLI, per aver saputo esprimere con estrema naturalità le proprie storie di vita non “recitando”, come spesso accade, ma comunicandoci la loro personale dimensione reale,  applicando cioè la costruzione del personaggio secondo il metodo Stanislavskij, lo spettacolo è quindi  arrivato al pubblico senza artifizi recitativi, ma con estrema naturalità.

Un bravo con lode PAOLO GATTI per  la sua ottima e fluida interpretazione.

 

Ed alla fine, un bravo anche alla direzione del teatro l’Aura, per averci offerto un’ora di buon teatro

La coreografa Caterina Genta, riesce immediatamente a imprimere un carattere intensamente teatrale alla rappresentazione. L’apertura di scena colpisce per l’impatto, assolvendo pienamente il compito di catturare l’attenzione dello spettatore già dalla prima scena,  quando i danzatori vengono trasportati sul palco in un carrellino porta casse e scaricati come merce.  Pacchi  gettati a terra, naufraghi senza definizione fino a quando lentamente riprenderanno  vita,  stimolati da un immaginifico vento che li incita a danzare.  

 

Caterina soffia dentro di loro la vita attraverso note, suoni, rumori, prodotti da inscrutabili strumenti, sostenuti da un  impasto musicale sapientemente elaborato dal bravo Marco Schiavoni.  Tornare alla vita dopo la tragedia in una magica ritualità della danza come unametamorfosi di forme, attraverso il canto, il suono, la parola, l’azione scenica, il movimento del corpo. Nulla sfugge a questa costruzione laboriosa e suggestiva, tutto trascende fino a divenire  allegria, burla, scherzo, gioco: il popolo naufrago, dopo la tempesta riscopre se sesso, la propria identità attraverso il senso ludico dell’esistenza.

 

Ma quella dell’apertura non è l’unica invenzione scenografica che si distingue per singolarità, nello svolgersi  della  trama,   altre sorprese sceniche si impongono, piccole chicche magiche,  ed alla fine, propone una speranza: liberare tutti i protagonisti dai loro vincoli, dai loro stracci, dai loro condizionamenti in una  ritrovata simbolica libertà.  

 

Costruzione, molto ben congegnata.  Convincenti  i danzatori:  Luca CastellanoMatteo Corso,  Cristina Locci, Sara Pischedda . Originali e piacevoli le musiche di Marco Schiavoni , alcune  su canzoni della stessa Caterina  Genta  che ha curato oltre la coreografia anche la regia dello spettacolo.  Una buona performance della  Compagnia  Asmed che ha saputo esprimere una  drammaturgia  non certo  facile da svolgere.

 

Sapiente scelta da parte degli organizzatori,  che in questo excursus dedicato alla danza presentano varie compagnie di buon livello, inaugurando il ciclo  proprio con TEMPESTA, una realizzazione della  Compagnia sarda Asmed, sostenuta dal MIBACT e dalla Regione Autonoma della Sardegna, proposta in Roma, presso lo spazioperformativo AGORA’ di  Ladispoli nell’ambito della  Rassegna CORRISPONDENZE, voluta da  Mandala Dance Company [MIBACT] con il patrocinio del Comune di Ladispoli Assessorato alla Cultura e AICS Roma . In questa X edizione  le compagnie  proposte sonoAsmed, Mandala Dance Company, Atacama, Res Extensa, Borderline, Gruppo E-motion, FC@pind’oc , rispettivamente con le coreografie di Caterina Genta, Patrizia Cavola, Francesca La Cava e Paola Sorressa.

 

Giacomo Piccoli

Il 7 dicembre 2017, alle ore 21, presso il Teatro Dehon di Bologna, verrà messa in scena una versione recitata e cantata dell'opera lirica "Un ballo in maschera" di Giuseppe Verdi. Il tenore Paolo Gabellini interpreterà il conte Riccardo e l'attore Daniele Sirotti sarà il suo segretario Renato. Il soprano lirico Ginevra Schiassi vestirà i panni della protagonista femminile, Amelia. Il ruolo en travesti del paggio Oscar sarà affidato al soprano leggero Giada Maria Zanzi (che curerà anche la regia), mentre il mezzosoprano Paola Pancaldi darà voce alla maga Ulrica. La direzione musicale e l'accompagnamento pianistico sono affidati a Hiroko Takafuji. Vedremo sul palco anche le danzatrici Lidia Soverini e Konstancja Dunin-Wasowicz. Le scenografie, curate dalla fotografa Federica Di Bianco e Danica Molitorová, consisteranno in una proiezione di scatti della stessa Di Bianco. Costumi: Il Tormento e L'Asola. Alle luci: Luca Bianconcini. Intrighi alla corte del governatore di Boston, amicizia e amore si intrecceranno per dare vita ad una storia di forte impatto ed estremamente attuale. Significative le tematiche toccate in questo capolavoro verdiano: la pressione che la società esercita sull'individuo sino a portarlo talvolta a deformare la realtà, la non sempre semplice condizione femminile, il rapporto tra differenti culture e ceti sociali. Non mancheranno magia, esoterismo e avvincenti colpi di scena. Lo spettacolo ha in programma due repliche: il 29 ottobre 2017 (presso la Sala Eventi di S. Lazzaro, nell'ambito della rassegna "UN'ORA ALL'OPERA: L'amore nel melodramma serio e buffo") ed il 27 aprile 2018 a Castelfranco, nell'ambito della rassegna "Teatrale in Casa Almo", ed è già andato in scena il 18 giugno 2017 presso Camere d'Aria (Bologna), riscuotendo successo e approvazione. Si presenta ora in una veste più matura e parzialmente rinnovata, pur conservando il cuore del progetto: illustrare l'immediatezza e modernità della musica classica e l'universalità del linguaggio musicale in generale.

 

UN BALLO IN MASCHERA

 

Con il soprano Giada Maria Zanzi

 

 Le porte di Camere d’Aria si sono aperte per accogliere la messa in scena dell’opera lirica di Giuseppe Verdi, Un Ballo in Maschera, con la regia di Giada Maria Zanzi e dell’esordiente Teatro Facies, composto da giovani artisti che hanno creato uno spettacolo dove canto, musica, teatro e fotografia si trovano in una simbiosi unica. È l'ottimo esempio della messa in scena di un melodramma in tre atti, ispirato all’omicidio politico del re Gustavo III di Svezia durante un ballo di maschera, capace di avvicinare il pubblico del teatro all’italiana allo spettacolo, farlo entrare nella storia dell’essere umano, dell’amore,dell’amicizia, lasciando che si confronti insieme con i personaggi, con la diversità dei ceti sociali e delle culture. Lo spettatore inoltre, grazie alla bravura degli attori e dei cantanti, riesce a percepire le loro vibrazioni emotive, una stimolazione sensoriale che permette di godere appieno dell’opera nel suo insieme. Tutti gli interpreti sono stati bravissimi, da Rachael Birthisel (Amelia), soprano che ha commosso il pubblico con la sua aria, Cristian Grillo (Riccardo, conte di Warwick), Paola Pancaldi (Ulrica), Giuseppe Messina (Renato) a Giada Maria Zanzi (Oscar).

 

 

È importante anche nominare il lavoro tecnico, come le proiezioni delle foto che accompagnavano la storia e il tema del triangolo amoroso, o le luci che rinforzavano le emozioni e l’atmosfera di ogni scena. Teatro Facies ci fa capire che mettere in scena l'opera lirica di Giuseppe Verdi ed offire agli spettatori una esperienza piacevole e professionale senza i contorni decorativi dorati è possibile quando si lavora con il cuore aperto.

 

 

 Danica Molitorová

 

 

 

 MASCHERE, VELI E RUOLI SOCIALI

 

 Il Teatro Facies ha presentato Un ballo in maschera, opera lirica verdiana affrontata attraverso una moderna e innovativa riduzione con la  regia di Giada Maria Zanzi accompagnata per l’occasione da tre aiuto registi: Federica Di Bianco  (addetta stampa e esperta di comunicazione), Giuseppe Messina (attore nella parte del creolo  Renato), Carlotta Nasi (fotografa e scenografa dello spettacolo).  Canto, recitazione e fotografia le tre parole chiave, i tre ingredienti principali che mescolandosi e  amalgamandosi creano un linguaggio universale capace di offrire allo spettatore un coinvolgimento  a tutto tondo.

 

 

In effetti, cantanti lirici, attori e fotografa si intrecciano alla perfezione per dar vita ad uno spettacolo contemporaneo che tuttavia non tradisce la tradizione rimanendo fedele al  capolavoro  verdiano.  Il protagonista Riccardo, conte di Warwick, è interpretato da Cristian Grillo dotato di voce dal  timbro caldo e intenso.  Amelia, sposa di Renato ma  segretamente innamorata di Riccardo, è Rachael Birthisel che ha  intonato le arie con tecnica precisa e grande capacità interpretativa.  Paola Pancaldi, provvista di vocalità  sicura e potente, veste i panni della maga Ulrica.  Il ruolo en travesti (cantante donna in panni maschili) del paggio Oscar è affidato a Giada Maria  Zanzi che conferisce al  personaggio una sfumatura leggera e umoristica e incanta con voce  “argentina” e brillante.  Completa il gruppo Giuseppe Messina con il suo Renato, sposo di Amelia e segretario di Riccardo, diviso tra il valore dell’amicizia verso il suo signore, l’amore per la sua donna e la pressione delle  regole dettate dalla società. Quella stessa società è, dunque, la vera responsabile, per parafrasare  una battuta di Renato, del terribile assassinio del conte di Warwick.  La maschera a cui fa riferimento il titolo è quella indossata dai personaggi durante il ballo (il conte è l’unico a non mascherarsi) ma è anche una maschera metaforica, un velo che imprigiona i  protagonisti in ruoli imposti dalla società.  Renato è il solo personaggio a esprimersi non attraverso il canto, ma utilizzando la parola. Una  parola che, in fondo in quanto suono, è già canto, un canto verbale che Giuseppe Messina esprime  con forza, potenza e sofferenza fino all’atto estremo (assassinio di Riccardo), seguito dal perdono  ricevuto dall’amico e, quindi, dalla redenzione finale.  La scenografia di Carlotta Nasi è affidata a fotografie proiettate sulla parete di fondo del  palcoscenico, i cui protagonisti (tra i quali emerge la stessa Carlotta) appaiono come tre alter ego  dei personaggi principali impegnati a interpretare situazioni interiori dei protagonisti  ripercorrendone i viaggi emotivi. Completano la scena i danzatori dell’Associazione 8cento.  Il risultato è una rilettura dell’opera in chiave moderna che, tuttavia, mantiene costumi (forniti da Il Tormento e l'Asola), ambientazione e profumi dell’originale opera verdiana.

 

 

 

Una rappresentazione incalzante e potente, ricca di emozioni nei gesti e negli sguardi, viva e  intensa; intensità testimoniata dagli scroscianti applausi da parte del pubblico al termine dello  spettacolo.

 

 

 

Maria Antonietta Tamburello

 

"Divertiamoci

 

 con l'arte"

 

 

 

a cura di Luisa Signorelli

 

"Divertiamoci con l'arte" che Ballet-ex svolge da vari anni a Rubiera.
Nel delizioso teatro Herberia di Rubiera la consueta rassegna di scuole e gruppi di danza "Divertiamoci con l'arte" organizzata da Ballet-ex.
L'intento è soprattutto quello di far incontrare i giovani che si dedicano all'arte creando occasioni di collaborazione e scambio tra le varie forme di danza e di offrire ai partecipanti un momento di crescita artistica . L'evento è inoltre arricchito, dall'intervento della compagnia di danzatori professionisti "Ballet-ex" diretta da Luisa Signorelli, che darà ancor di più la possibilità ai giovani di confrontarsi con quello che potrebbe essere un giorno il loro futuro. Ad aprire lo spettacolo la compagnia Ballet-ex con l'ultima creazione della coreografia Luisa Signorelli dal titolo "Fine prova mai" a seguire gruppi e compagnie emergenti del territorio.
Quest'anno la rassegna si arricchisce del concorso dedicato alla donna, chi lo vorrà potrà presentare una coreografia dedicata a questo tema. Il regolamento per è consultabile sul sito
www.balletex.com
info@balletex.com

Monsieur David - La Feet theater company

 

  La Feet theater company,  in realtà si compone di un solo regista,  di un solo aiuto regista, di un solo coreografo e di un solo attore: Monsieur David,  uno pseudonimo  che cela un autore squisitamente italiano. Factotum dell’intera compagnia, completo con la sua valigia ed il suo tappetino. Un attore-autore-fantasista che riesce a catturare l’attenzione del pubblico con quadri viventi in  surreali interpretazioni. Lo scaltro David ben conosce l’arte del sorriso e la sa applicare con grande abilità in rappresentazioni fisiche al limite del contorsionismo. Ciò che cattura non è tanto la notevole capacità di articolazione corporea  ma semmai il costrutto garbatamente comico che riesce a determinare.

 

  Qualcuno penserà che ciò sia troppo poco per parlare di spettacolo a tutto tondo, ma  non dimentichiamoci che lo stesso grande mimo Jacques Tati faticò non poco ad affermarsi, fino a che  il grande regista  David Lynch non lo definì “artista superlativo”. Monsieur David è ormai qualche anno che calca il palcoscenico, acquisendo esperienza e raffinando sempre più le sue incredibili performances

  Uscirà tra breve una pubblicazione fotografica con alcune sue simpaticissime gag teatrali.  David  di questo suo libro  dichiara: “sarà un viaggio fotografico con i personaggi dei piedi nella realta' che vedono la vita da un nuovo paradigma e lo suggeriscono a sua volta ai proprietari dei piedi… cioè a se stessi…”.

 

  Il libro parlerà ovviamente di piedi ma con parole piene di filosofia e, come scrive lo stesso David nella prefazione:”…scivoloni, scivoloni che sono fatti da persone adulte, che, ad un certo punto del loro percorso sentivano che la loro vita non era più sufficientemente appagante, tanti progetti realizzati, ma ogni volta la stessa solita insoddisfazione, probabilmente dovuta al fatto che quello che avevano realizzato non era esattamente allineato al loro scopo sul Pianeta Terra, meno male che c’è un qualcosa di empirico che agisce al di fuori del nostro ormai disciplinato intelletto…”

 

 

 

Avendo avuto modo di  visionare  in anteprima alcune pagine, lo definirei: un vero capolavoro di sottile poetico umorismo.

 

  Giacomo Piccoli

Uno spettacolo d’indubbio spessore che narra le vicende di quattro protagoniste della cronaca nera,  donne, che in epoche diverse entrano nel Maelstrom della delittuosità per ragioni diverse, ma emblematicamente simili. Le 4 attrici si autorappresentano in monologhi che  aprono una voragine di dolore, di malessere sociale e psicologico, la tragicità delle storie narrate, anche se si differiscono per schemi situazionali le appaiano comunque  nel duplice ruolo di carnefici e vittime dell’interiore disadattamento.

La casistica degli episodi criminosi che avvengono in famiglia è molto ampia per essere citata esaustivamente, la cronaca ci informa che la strada dell’infinita crudeltà non si è mai interrotta, le vittime sono i bambini, le donne, più generalmente gli esseri di qualsiasi specie o sesso. Le motivazioni  apparentemente differiscono, ma sostanzialmente si perpetuano.

Bravissime e camaleontiche le  quattro attrici: Beatrice Picariello, Martina Di Fazio, Susanna Stefanizzi e Laura Monaco,che riescono a entrare nei panni delle protagoniste  con estrema e convincente naturalezza, testimoni della disumanità esistenziale,  vittime di personalità devastate dai ruoli sociali, da rapporti  sadici vessatori, affette da devastanti  sensi di colpa o  di  bipolare esaltazione auto affermativa, comunque  poste nella marginalizzazione dello stigma sociale. Entra in gioco anche la lotta tra i sessi che  viene portata al suo limite estremo, con l’inevitabile  disfatta finale, il crimine come presunta panacea alla vessazione.

 

Certo, non si tratta di delitti perfetti, come nella letteratura gialla, ma di delitti per “necessità psichica” qui rappresentata come “azione liberatoria” che nel loro insieme andrebbero letti come  accidenti di percorso di vite disgraziate.  Questa  drammaturgia teatrale ben scritta e diretta da Natascia Bonacci  che si è ispirata a fatti realmente accaduti, ha voluto porre l’accento al punto estremo della natura umana,  dove essa si trasforma da liquido a gassosopunto di ebollizione, di rottura, con le convenzioni sociali e legali;  profondo e perfetto ogni passaggio recitativo in un testo non facile da rappresentare. Da vedere


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